Mulignane

da un racconto di FRANCESCA PRISCO
regia di ANTONIO CAPUANO
con GEA MARTIRE
produzione e management TIZIANA BEATO

Una storia di donna. Questa donna non ha nome. Ha un’identità che si spande e si diffonde nella solitudine di un femminile che non fa della solitudine fierezza, baldanza, indipendenza, ma timore di inadeguatezza e di bruttezza.

La nostra cultura che “fa pantano e feta’; spruzza sulla donna non legata a un uomo un sentore di umido scantinato condannato alla muffa. Come se, poi, essere “legati” fosse il massimo della vita! E la donna, in corsa da secoli verso più ampi orizzonti, rimane azzoppata in questa trappola malefica e frena la corsa. Senza un uomo come si fa?! E’triste, è brutto, ci vuole un uomo, ci vuole l’amore … ahè, è ‘na parola! E addo’ sta? Intanto gli anni passano e il vuoto intorno, anzi interno, dilaga.

E allora va bene “qualunque’; (sintesi di chiunque e qualunque cosa): un turzo, un arrogante, un pagliaccio, un rimorchio, un’altra trappola pur di arginarlo, quel maledetto vuoto.

Pure sesso brutale, spinto, a farsi male, ma quale amore? Sempre meglio che sentire il male di un fallimento, il tormento di non essere mai desiderata.

Meglio le fruste, pratiche sadomaso, mulignane (lividi), “sì, vatteme, fammi male’; a coprire più insostenibili dolori. Eh, ma succede, non spesso, ma a volte sì, e questo è il caso, che a furia di praticare, si allenano muscoli sconosciuti che danno nuova forza. E tutto si ribalta. Strade sotterranee conducono alla luce e le mulignane (melanzane) diventano ruoti di parmigiane da servire bollenti, insolita temperatura per la vendetta.

Il fatto è che ci piace far saltare gli schemi. Divertendoci. Il tono è comico, come spesso è l’intelligenza, anche se non lo sappiamo.

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